Alla gente di sinistra, si sa, piacciono i discorsi culturalmente elevati, quelli in cui ciascuno mostra il cipiglio del sapere. I comunisti, poi, in quella cerchia sono quelli che più degli altri si sentono preparati e acculturati e magari è pure vero.

In ciò siamo davvero bravi e diventiamo insuperabili – abbondantemente superati dalle destre di ogni tipo, anche quelle sinistre o travestite da agnelli – quando ricordiamo il passato.

Peccato che nel farlo invece di concentrarci, noi italiani, su quello più o meno recente e soprattutto nostrano, andiamo a ripescare oltre, a ricordare i tempi che furono della rivoluzione russa se non addirittura di quella francese che peraltro poco ha a che fare con i nostri ideali.

Così finiamo per citare Marx e scordarci dei partigiani.

A questo punto mi direte: ma un comunista che parla male dei compagni che comunista è?

Vi rispondo subito: primo non ho parlato male dei compagni ma mi sono dedicato a quello che dovrebbe essere “il mestiere” dei comunisti cioè la critica della società e l’autocritica dei propri errori (che stanno davvero diventando “orrori”); in secondo luogo se ho scritto delle note di osservazioni facilmente appurabili l’ho fatto con uno scopo ben preciso.

In questo clima avvelenato pre e post elettorale (non ho mai visto in vita mia una campagna elettorale tanto veloce, priva di contenuti e soprattutto dall’esito scontato come i saldi di fine stagione) siamo passati dalle critiche all’avversario ai quasi insulti tra compagni.

Il virus del comunista più comunista non ci ha fatto vedere quali sono i veri problemi.

Ora una parte di compagni esce da tutto questo con le ossa rotte anzi frantumate. Non mi riferisco solo o meglio tanto a coloro che hanno preso parte alla campagna elettorale ma ai tanti che, come me, hanno deciso di stare ad osservare.

Qualche giorno fa una cara compagna, e parlo di una di quelle che non le manda certo a dire, durante un incontro ha osservato che forse gli italiani questo vogliono, che per quanto noi ci danniamo a spiegare che la sanità privata ha un solo scopo che non è certo la cura dei pazienti, per quanto proviamo a far capire che il nemico non è il povero e che il lavoro ce lo tolgono coloro che delocalizzano o usano manodopera a basso costo perché ricattata, malgrado questo – ha continuato ad osservare – la gente vota a destra, vota per coloro che hanno determinato lo stato di cose presente. È allora secondo la compagna forse non vale la pena continuare a spiegare qual è il vero male, cosa e come bisogna cambiare nell’interesse di tutti: la gente continua a votare per il fiammifero e per la fiamma in un mondo che brucia! Dovremmo, sempre secondo la compagna, smetterla e ritirare i remi in barca per farci trascinare dalla corrente.

No, non è così e per fortuna la compagna in questione lo sa benissimo.

Noi comunisti possiamo e dobbiamo fermarci a riprendere fiato ma abbiamo un compito assegnatoci dalla storia: la salvezza del genere umano.

È vero siamo pochi, dispersi e spesso in contrasto ma la via dell’unità parte dalle parole che si associano ai fatti e se unità dobbiamo ancora provare a creare allora non possiamo lasciarci trasportare dalle onde ma dobbiamo domarle, stabilire la rotta e la lotta e puntare verso la nostra stella.

La resa è dei codardi, la resa appartiene a chi sa che la storia lo ha giudicato e condannato, la resa appartiene ai pavidi, ai vigliacchi anche quelli vestiti da abiti possenti, la resa non può e non deve appartenerci perché

SOCIALISMO O BARBARIE!

 

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