La fine della democrazia e la ripresa economica
La democrazia per come la conosciamo o meglio la conoscevamo volge al suo termine naturale in Italia.
Negli ultimi due secoli credo che i sistemi politici siano durati da noi pressapoco il tempo di una vita umana; abbiamo tanta voglia di cambiare che ci accontentiamo di qualsiasi cambiamento.
Lo dico senza polemica e sopratutto senza retorica perché mi confortano i dati storici: da noi si parla al massimo di ventennio o trentennio mentre per raggiungere la sua vera maturità che è maturità di un popolo alla democrazia serve molto più tempo.
Ma noi italiani siamo fatti così: incapaci o nolenti nel guardare oltre l'orizzonte delle nostre vite, ci interessa il “qui ed ora”.
Questo succede in qualsiasi schieramento politico – ecco come al soliti ritrito un discorso ma la vita per me è politica o non è – di destra, di centro e di sinistra.
Per la destra il problema ideologico si risolve da se: c’è bisogno di un capo e questo non può certo vivere in eterno; per ogni capo una “democrazia”.
Per il centro che considero fortemente legato a doppio filo con la Chiesa Romana l'assioma è: e Cristo, capo della chiesa universale (e vi ricordo che quella di Roma è Chiesa che si definisce Cattolica cioè proprio universale e Cristiana cioè seguace di quello che forse è stato l'unico vero cristiano della Storia dell'Umanità) è vissuto solo 33 anni allora tutto ha un limite, umanamente parlando, temporale e siccome la democrazia è fatto umano anche questa ha vita breve almeno in una singola forma.
Per la sinistra paradossalmente il discorso vale ugualmente: ci sentiamo spesso tanto belli e bravi da non riuscire a concepire nulla che possa “veramente e realmente” sopravviverci, democrazia compresa, quindi.
Che sia la fine della storia? Certo, ci sarà solo da vedere di quale storia stavolta ma se “democrazia” è “potere del popolo” allora non può che cambiare con esso e gli italiani non sono, oggi, quelli del dopoguerra.
Oggi esistono strumenti diversi per attenzionare le scelte del governo, rimpiangere il passato non serve a nulla. Va piuttosto tenuto presente quel passato perché se si rinvengono strumenti, modi e mezzi utili per l’attuazione della democrazia, qualunque essa sia, allora vale la pena richiamarli in vita.
Da comunista non posso non credere che i partiti, specie quelli di massa, non siano stati e non possano essere utile strumento per l’attuazione della democrazia perché se è vero che sono di parte allora sono l’utile filtro per portare nelle stanze dove si decide le istanze di parte e quale modo hanno le masse popolari per far valere la loro opinione dove si decide se non quella di affidarsi e fidarsi di un partito? Attenzione non sto parlando del partito di tizio o caio ma di quello che, partendo dalle lotte di parte o meglio di classe sia in grado di raccogliere istanze e farle valere. Il potere ha modi contorti di manifestarsi e l’unico popolo che ha il popolo di contrastarlo perché non sia sempre e comunque gestito in danno ad esso è farsi unione, schierarsi compatto contro di esso per fare fronte unico.
Bisogna contestualmente creare (e qui mi riallaccio al discorso di di cui dirò in seguito) le condizioni affinché vi sia una idea di futuro e di società e l’elaborazione di ciò non può certo avvenire su piattaforme sedicenti democratiche ma perfettamente dirette e indirizzate.
Certo come detto la tecnologia aiuta ma se non mettiamo al centro di tutto l’uomo coi suoi reali bisogni continueremo a fare gli stessi errori del passato.
Ma veniamo all'altra parte del titolo che in qualche misura avalla quello che ho testé detto.
Conversando piacevolmente con un caro compagno ho saputo che nel decreto rilancio sono inserite delle norme per la ripresa economica nel settore edilizio.
Il compagno, della cui analisi mi fido ciecamente, mi ha detto che per la prima volta nelle norme ci vede un cambio culturale: stavolta non si parte solo da potenziali contributi elargiti dallo Stato per le ristrutturazioni ma da un obiettivo preciso che è quello di migliorare l'efficienza energetica degli immobili con un risparmio, quindi, in termini economici per chi ne usufruisce ma anche con una reale tutela dell’ambiente.
Notavamo inoltre che gli ultimi provvedimenti emergenziali si incalanano perfettamente in un direzione, nel senso di scelta, precisa “dettata” dalla concezione socialista della società. Cos’altro sono infatti gli aiuti che lo Stato a concesso a chi, per via dell’emergenza dovuta al virus covid–19, è stato costretto a fermare o rallentare la propria attività economica?
E cos’altro sono se non provvedimenti sociali o socialisti quelli per “rafforzare” il sistema sanitario nazionale pubblico?
Notavamo anche che forse finalmente la gente si accorgerà della limitatezza del privato specie in campo sanitario, limitatezza non solo in termini di risposte e/o capacità organizzativa ma anche, se non soprattutto, morale e sociale perché se nel momento del bisogno, dopo aver allattato alla mammella della sanità convenzionata, chiudi le porte al popolo allora sei sicuramente limitato moralmente se non addirittura meschino e financo crudele e criminale (vedremo un giorno processare tutti quei manager, cioè anche amministratori pubblici, che si sono “distinti” in tutto questo? Probabile ma come sempre tardi).
Ci siamo accorti però anche di un altro fatto: si naviga a vista. I provvedimenti non sembrano presi in un’ottica generale, in una idea precisa di futuro e di società da costruire. Questo passaggio è dimostrato dal fatto che ancora una volta direttamente o indirettamente lo Stato tende (e tenta ancora una volta) a contribuire al rafforzamento del sistema bancario privato se è vero come è vero che pubblicamente si chiede alle Banche di essere buone e contestualmente si studiano sottili sistemi per far circuitare o meglio circolare l’intera economia del Paese intorno al sistema bancario.
Il compagno mi ha aggiornato su tal punto che, per esempio, i contributi nel campo del miglioramento energetico possono arrivare al 110% della spesa effettiva. Mi ha fatto notare che in questo modo privati che devono ristrutturare ed imprese sono fortemente agevolate ma con un preciso sottile scopo. Difatti il credito è cedibile alle Banche, cessione che ovviamente queste non faranno certo “gratis et amore dei” come per ogni altra cessione applicheranno sicuramente il solito “sconto”; i conti tornano o meglio come sempre vanno a favore delle banche.
Certo se per una volta si parte, nel campo dell’edilizia preso ad esempio, dal preciso obiettivo di migliorare l’efficienza energetica degli immobili prescrivendo in primis l’isolamento termico delle tetti – il così detto “cappotto” – allora non possiamo che, da comunisti, plaudire o almeno guardare con favore questo cambio culturale prima ancora che giuridico.
Qui però nasce un problema o “il problema”: i comunisti avremo veramente la capacità di cogliere questo sottile cambiamento e considerarlo un primo passo verso un grande cammino o continueremo a sottilizzare anche coi distinguo da non distinguere più un fatto reale positivo da uno negativo? E saremo in grado di non distinguerci fino ad estinguerci?
Io sto con gli ippopotami.
Ringrazio il compagno Camillo per le preziose informazioni, per le belle riflessioni e soprattutto per la gratificante chiacchierata
Giovedì 28 maggio 2020

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