Riflessioni politiche in libertà

(senza pretese di alcunché)

La situazione politica attuale vede come avevo già detto lo scontro tra due borghesie quella piccola e quella grande. La prima rappresentata da piccoli industriali, artigiani e commercianti, impoveriti dalla crisi economica e l’altra rappresentata dalla grande industria, banchieri e mondo delle professioni.

A queste due classi in lotta si è aggiunto disgregandosi il proletariato. Da una parte quello non garantito, operaio, precario, pensionati al minimo e dall’altra quello invece garantito dipendenti pubblici e della scuola, impiegati e pensionati dell’industria.

Non è la prima volta, nella storia, che la borghesia, si trascina le fasce sociali più deboli nella propria lotta. Ed è questo che accade anche oggi.

Ora a rappresentare questi soggetti dopo il tracollo del M5S sono essenzialmente la Lega e più in generale il centrodestra per la piccola borghesia e dall’altra il PD ed ora Italia Viva per l’alta borghesia.

Il proletariato non garantito si è spostato in gran parte verso destra per un sentimento diffuso di tradimento operato negli anni dalle politiche antisociali del PD e si è accomunato ad un altro sentimento quello del rancore di una piccola borghesia divenuta più povera che non può più permettersi gli agi di un tempo. Una sorta di rabbie che per vari motivi si sono mischiate.

A questi due sentimenti, quando non si ha la possibilità immediata di risposte, si individuano dei nemici. La narrazione leghista li ha individuati nell’Europa, che con la sua politica di austerità sta impedendo crescita e sviluppo e i migranti che impoverirebbero ulteriormente il tessuto sociale. Le estreme conseguenze di questa politica sono il razzismo e il cosiddetto sovranismo.

Dall’altra parte invece, il proletariato garantito, a cui non sono pesate più di tanto, le politiche del PD, si trova a dover difendere lo “status quo”, sia nazionale che europeo proprio in quanto portatore delle proprie tutele e in questo senso molto vicino agli interessi del grande capitale e che vede nei migranti una risorsa per il futuro del paese e nelle istituzioni europee le migliori garanzie sui mercati economici. Per cui giocoforza diventa fondamentale la lotta al sovranismo e al razzismo.

Se è vero questo quadro, la Sinistra radicale deve non solo combattere su entrambi i fronti, ma provare a ricomporre un proletariato diviso dove le ragioni degli uni sono apparentemente contrapposte alle ragioni degli altri.

Un lavoro improbo e forse impossibile se non si rimette in moto una forza fondamentale del mondo del lavoro: il sindacato. In particolare la CGIL in questi anni ha rinunciato a mettere in campo il proprio potere contrattuale, nonostante ci fossero state diverse occasioni in questo senso, a partire dalla lotta contro il Jobs act. Tuttavia a parte importanti e lodevoli eccezioni, il gruppo dirigente è organico al PD (alla faccia della decantata autonomia) e questo lo ha reso nel tempo una lancia spuntata, politicamente marginale.

Senza scontro sociale ad alto livello, e in presenza di un oscuramento generale dei mass media delle forze antiliberiste e anticapitaliste, a Sinistra ci si accontenta di poco, come il neonato movimento delle Sardine. Utile a riempire le piazze di fatto svuotate dal PD e dai 5S, ma altrettanto utile alla guerra tra le due borghesie. Dove alla rabbia degli uni si contrappone la pacatezza degli altri.

Allora non resta che ritornare ai sentimenti. Mi viene in mente il Berlinguer del “siamo rivoluzionari e conservatori”, perché io ho bisogno di “rabbia” e di “pacatezza”. Ma dove la rabbia è rivolta ai responsabili delle ingiustizie ai veri nemici che sono il capitalisti e la pacatezza al senso di amore per l’umanità e la solidarietà e all’inclusione che rappresenta. E non riesco a rinunciare a nessuna delle due cose.

18/12/2019

Cesare Azzetti


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