È vecchiotto ma democrazia e connesso sistema elettorale sono sempre attuali. Da bravi rompicoglioni vogliamo proporre a tutti i comunisti attuali, ed eventuali sinistri interessati, di fare una battaglia comune per il sistema elettorale proporzionale puro? Mi pare che il pci sia su questa strada, pap pure, in rifondazione c'è stata una richiesta in questo senso mi pare da parte di Raoul Mordenti. Che ne dite? Se non ci proponiamo per il fare ci limiteremo a dilettarci ad esternare pensieri in libertà solo per il piacere di testimoniare che siamo ancora vivi.

 

MAGGIORITARIO O PROPORZIONALE:


UNA QUESTIONE DI DEMOCRAZIA E LIBERTÀ

 

 

È tornato di attualità il dibattito sul sistema elettorale e le forze politiche si dividono tra fautori del sistema proporzionale e sostenitori di quello maggioritario. Non si tratta solo di una scelta tecnica, ma soprattutto di un’opzione politica e culturale.

 

È bene ricordare che fino alla caduta del muro di Berlino nel 1989 tutti i partiti politici italiani erano per il sistema proporzionale: il dibattito allora riguardava il problema di porre uno sbarramento- alcuni proponevano il 5%, altri il 3%, altri ancora uno sbarramento inferiore- per ridurre il numero dei partiti: nessuno si sognava di parlare di premio di maggioranza, il meccanismo che consente al partito o alla coalizione che ottiene la maggioranza assoluta o relativa di avere un numero di deputati superiore ai voti riportati, al fine di garantire la governabilità. Oggettivamente questo meccanismo è una truffa perché si hanno rappresentanti senza avere i voti. E nel 1953 “legge truffa” fu definito dal PCI il tentativo della DC e dei suoi alleati di avvalersi di tale premio di maggioranza per potere governare indisturbati. L’allora Partito Comunista mobilitò le masse popolari e organizzò una serie impressionante di manifestazioni di protesta contro il tentativo di truffa in nome della democrazia; come conseguenza quella specie di golpe elettorale abortì.

 

Questo breve richiamo storico serve anche per fare sapere e capire a quanti oggi credono di rifarsi alla storia e alla tradizione del PCI come essi siano sistematicamente ingannati dai presunti eredi del PCI che si riempiono la bocca di Gramsci, Togliatti, Berlinguer e, a Raffadali, anche di Cesare Sessa, tutta gente che mai si è sognata di appoggiare il sistema maggioritario e che ha sostenuto battaglie strenue per la difesa della rappresentanza democratica attraverso il sistema elettorale proporzionale.

 

Il maggioritario è la negazione della democrazia reale e allo stesso tempo un meccanismo perverso che stravolge la volontà popolare, fino a fare configurare uno Stato che rinnega la sua stessa definizione liberale di “organizzazione sovrana di un popolo su un territorio”.

 

Vediamo in dettaglio in cosa consiste la truffa. Poniamo per ipotesi che si devono eleggere 100 deputati e che esistono perciò 100 collegi elettorali. Poniamo ancora che in ogni collegio ci siano 1000 elettori e che si presentino quattro partiti, che definiamo A, B, C, D. Ipotizziamo che nel collegio numero 1 essi ottengano i seguenti voti: Partito A 260 voti, partito B 240 voti, Partito C 250 voti, Partito D 250 voti; poiché in ogni collegio viene eletto il candidato del Partito che ottiene il maggior numero di voti sarà eletto il candidato del partito A, il che può apparire normale e perfino giusto. Ma se la stessa situazione si ripete in tutti gli altri 99 collegi si verificherà che il Partito A otterrà tutti i 100 deputati, cioè esso avrà il 100% di rappresentanza popolare, anche se avrà avuto il 26% di consenso democratico; tutti gli altri partiti, con il 74% di rappresentanza popolare, non otterranno neanche un rappresentante! Si può immaginare una truffa più grande di questa?

 

Si obietta da parte dei sostenitori del maggioritario: ma questa è solo teoria, in pratica non succede. Costoro sono ignoranti o in mala fede. Nelle elezioni politiche del 2001 in Sicilia la Casa delle Libertà con poco più del 50% circa dei voti ha preso tutti i 61 seggi della quota maggioritaria, cioè il 100% dei deputati e senatori; non a caso si parla di 61 a zero! E’ quindi dimostrato che il maggioritario è un sistema a-democratico, se non addirittura anti-democratico.

 

C’è poi l’altro aspetto legato al sistema elettorale, quello della libertà.

 

Poiché col sistema maggioritario vincono solo i partiti più grossi, questi costringono i più piccoli ad allearsi con essi. La conseguenza è che se due partiti più grossi decidono di fare più o meno la stessa politica perché si ispirano agli stessi principi, ad esempio il liberismo, agli elettori che non si riconoscono in essi resta una doppia scelta: o rinunciare alle proprie idee, ai propri valori e ai propri interessi materiali e votare per idee e interessi altrui o non votare affatto. Questa seconda è la realtà tipica degli Stati Uniti, dove circa la metà dei cittadini non vota; come tutti sanno la gran parte di essi appartiene ai ceti più deboli ed emarginati che, evidentemente, non si sentono rappresentati né dai democratici né dai repubblicani. Come si capisce facilmente la scelta è solo apparentemente libera, perché in realtà l’obiettivo del sistema è di espellere dalle stanze del potere e dal parlamento i portatori di interessi antagonisti a quelli delle categorie sociali più forti e quindi dominanti. In questo modo e con tale sistema il parlamento non è un luogo di mediazione e di sintesi di interessi contrastanti, il luogo del compromesso sociale, ma il luogo in cui le forze vincenti consolidano i propri interessi di gruppo sociale e persino personali, come dimostra tutta la legislazione del parlamento berlusconizzato. Non solo. L’arroganza del potere che non conosce il compromesso induce ad atteggiamenti autoritari, pericolosi per la stessa tenuta del sistema democratico. La violenza delle leggi può scatenare ribellione e violenza sociale.

 

Ci sono, dunque, molte e buone ragioni per abbandonare il sistema maggioritario voluto dalla borghesia, fatto proprio frettolosamente ed opportunisticamente anche dalle forze politiche popolari, che tanti guasti ha provocato nel senso civico dei politici e dei cittadini, sotto forma di trasformismi, opportunismi, corruzione della politica e affermazione di un ceto politico che concepisce la sua presenza nelle istituzioni come una occasione di affari e interessi personali.

 

Il sistema proporzionale appare più equo e democratico. L’esempio su riportato darebbe il seguente numero di deputati: Partito A n. 26; Partito B n. 24; Partito C n.25; Partito D n.25.

 

Si obietta da parte dei sostenitori del maggioritario che tale esito non garantisce la “stabilità” e governabilità”. Governabilità e stabilità non possono essere concepiti come valori assoluti e intoccabili, come miti. Se così fosse bisognerebbe rassegnarsi all’idea che un qualsiasi governo dovrebbe necessariamente arrivare a fine legislatura, anche se dovesse perseguire la peggiore delle politiche; detto in soldoni Berlusconi potrebbe e dovrebbe dormire sonni tranquilli perché tanto i due miti lo terrebbero al riparo da qualsiasi possibilità di giudizio da parte dell’elettorato. Così non può e non deve essere, per varie ragioni. Anzitutto una concezione del genere nega la possibilità per un popolo di incidere sulla sua stessa storia attraverso l’azione extra-istituzionale, il così detto movimento, e la società civile sarebbe privata di ogni capacità di incidenza sulla dinamica sociale e politica; si avrebbe, cioè, un rinsecchimento e impoverimento della democrazia. In secondo luogo un esito elettorale del tipo sopra ipotizzato impedisce che un solo partito faccia una politica caratterizzata dalla difesa corporativa dei propri interessi di classe o gruppo sociale e lo costringe, invece, a venire a patti con altri partiti, portatori di interessi e valori differenti. Tale patto o, se si vuole, compromesso, fa sì che in parlamento si vada ad una mediazione fra interessi contrastanti e si impedisce la sopraffazione di una forza sull’altra. Questa mediazione politica e sociale favorisce la coesistenza fra diversi e contribuisce a far sentire lo Stato come bene comune, ed in definitiva favorisce il mantenimento del sistema poiché le leggi sono viste e vissute come appartenenti a tutti. Con l’attuale sistema il primo problema che si dovranno porre le forze di opposizione è cancellare buona parte delle leggi pro Berlusconi, cioè smantellare parte dello stato autoritario e corporativo costruito dal centro destra grazie al maggioritario, che ha consentito ad esso di avere una maggioranza bulgara. Ma non è auspicabile che ad ogni elezione si distrugga per ricominciare da zero. Crediamo che non convenga a nessuno. Neanche agli stessi fautori del maggioritario, come DS, AN, FI, che per meri interessi di bottega tendono a blindare il sistema elettorale schiacciandolo sulla semplice alternanza fra simili.

 

La recente legge elettorale siciliana, frutto di un accordo miserabile con loschi interessi di bottega di UDC, DS, AN, FI, è una finta legge proporzionale, non solo perché pone uno sbarramento altissimo- 5%-, ma soprattutto perché elimina il collegio regionale ed istituisce quello provinciale. Un deputato regionale legifera per tutta la regione siciliana, non per la provincia X o Y; dunque, come direbbe Di Pietro, che ci azzecca la provincia? Non solo. La perversione della legge arriva a prefigurare un partito che in una provincia potrebbe avere, in base ai voti riportati, anche due deputati, ma se esso non raggiunge il 5% a livello regionale non ne avrà neanche uno. Quindi anche il collegio provinciale è finto; l’unica cosa vera di tale legge è il tentativo di fare scomparire dalla circolazione i partiti che non la pensano come i quattro partiti compari che si sono messi d’accordo: essi pensano di costringere- ancora una volta, come per il maggioritario- gli altri partiti ad obbedire alla cieca legge della forza bruta dei numeri. Ora, a parte il fatto che non è detto che ci si arrenda alla violenza, se anche dovesse consumarsi un matrimonio imposto c’è da attendersi un tale fiorire di corna e di liti che meglio sarebbe stato non unirsi in matrimonio. Detto in termini politici, tentare di imbavagliare la democrazia con tali meschini espedienti è pericoloso e miope. Intanto, per quanto riguarda i rapporti all’interno del centrosinistra, i partiti minori hanno già detto che la scelta del gruppo parlamentare dei Ds siciliani (salvo uno, Filippo Panariello) ha ucciso la possibilità di creare uno schieramento unito contro il centro destra e che essa consegna di fatto la Sicilia a Cuffaro e compagni nelle future elezioni.

 

C’è una sola strada praticabile per ricompattare il centrosinistra: che i Ds siciliani e, soprattutto, la sua base e i democratici tutti raccolgano le firme e votino per cancellare questa vergogna istituzionale, per non fare scivolare la politica ancora di più verso il baratro del trasformismo e delle convenienze di bottega. In questo senso appare ragionevole e positiva la presa di posizione di qualche dirigente DS di prestigio che, al recente congresso locale del suo partito, ha detto, senza giri di parole: “Questa è una legge sbagliata”.

 

Dicembre 2004

 

 

RAFFADALI


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