23 miliardi per sterilizzare l’aumento Iva e 9 miliardi per correggere il deficit strutturale, ossia 32 miliardi da trovare entro dicembre: questo è il vero nodo politico, non le migrazioni, né la flat tax, né la crisi del M5S, o la “cosa nuova” di Calenda.
Inutile sperare nella UE. Il dato delle europee è stato molto chiaro, oltre che ben diverso dalla sua narrazione. La cosiddetta rivoluzione sovranista si è dimostrata poco più che un accozzaglia elettorale. Funziona con i migranti, non con i conti pubblici, dove tutti sono sovranisti a casa propria ma rigoristi a casa altrui, specie con l’Italia.
Possiamo illuderci quanto vogliamo, ma l’UE continuerà a fare le stesse politiche sperimentate in passato. Austerity c’era, e austerity resterà.
Ragion per cui, qualunque governo avremo, a dicembre dovrà fare i conti con quel numerino magico – 32 miliardi – destinato a gonfiarsi, e dovrà risolverlo con tante lacrime e tanto sangue. Non c’è altro modo.
È facile prevedere: il taglio degli 80 euro di Renzi, tagli alla sanità, tagli alla scuola, tagli alle due misure chiave del welfare giallo-verde (RdC e quota 100) e un aumento controllato dell’IVA.
Inutile dire che qualunque governo si prenda la responsabilità di tutto questo è candidato a un prevedibile quanto inesorabile declino.
Conte ha già messo le mani avanti, non vuole essere lui a mettere la firma su quei provvedimenti.
La palla adesso è passata a Salvini e Di Maio. Giocano l’unica partita possibile: fare in modo che sia l’altro a far cadere il governo, in modo da poter dire “Noi ci stavamo battendo come leoni, mentre loro hanno lasciato deflagrare tutto quanto”; questo, nella loro idea, dovrebbe bastare a tappare la probabile emorragia di voti dovuta alla fine del governo giallo verde.
Peraltro non hanno molto tempo, devono fare in fretta. Il governo deve cadere prima di settembre, in modo da permettere a Mattarella di organizzare in fretta e furia un governo tecnico che si assuma la responsabilità dei tagli e poter andare, così, a marzo a nuove elezioni, di nuovo vergini, dopo qualche mese di rinvigorente opposizione.
Sembra tutto facile, non è per niente facile.
Per Di Maio questo è l’ultimo treno disponibile. Non farà mai e poi mai cadere questo governo dalla sua parte. Ha già perso troppi consensi, significherebbe fare harakiri.
Salvini sta tentando invano di strappare. La tattica di Di Maio, al momento, è di dire sì a tutto. Fingere di litigare, ma dire sempre e solo sì. Tirare la corda fino allo stremo, non rimanere con il cerino in mano.
Se tale tattica rimanesse immutata, tra qualche settimana ne vedremo delle belle. Avremo un Salvini sempre più irrazionale all’interno di un governo che, malgrado tutto, regge. A farne le spese, ovviamente, tutti noi.
Il governo, comunque, di cadere cadrà. Il copione è già scritto: entrambi i partner di governo si rimpalleranno le responsabilità, arriverà un governo che tecnico farà molto male a tutti, e l’anno prossimo avremo un nuovo governo - con ogni probabilità di estrema destra - del tutto inadeguato, capace solo di colpire i poveri e gli esclusi. E il problema, lungi dal risolversi, si riproporrà di nuovo: a dicembre del 2020 ci sarà da fare una nuova finanziaria con ancora più lacrime e ancora più sangue.
Certo, Mattarella potrebbe prendersela comoda. Lasciare che la Lega si dissangui lentamente senza capitalizzare il risultato delle europee, che il M5S finisca di morire, che si ricrei una dinamica “più normalizzata”, ma anche in quel caso la situazione non cambierebbe granché.
La crisi italiana è una crisi strutturale. Per tornare a ragionare di politica bisogna partire da questo semplice dato empirico, altrimenti si finisce a parlare solo di intrattenimento: la conferenza stampa di Conte, la flat tax di Salvini, i tormenti di Di Maio, Calenda, la riscossa di Zingaretti e tante altre amenità. E, onestamente, di parlare di intrattenimento, mi sono un po’ rotto le palle.
Ecco alcune domande a cui una sinistra reale dovrebbe tentare di rispondere: Quali sono le pratiche da mettere in campo per evitare la macelleria sociale?
Come fare a ridare protagonismo a chi è sfruttato?
È possibile creare un’alternativa politica credibile a quella neoliberista?
Come difendere quel poco di welfare rimasto e ampliarlo?
Il problema non è la caduta, è l’atterraggio.
06/06/2019
Daniele Zito

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