LA PROTESTA degli agricoltori siciliani del grano segue quella dei pastori sardi.

La questione è semplice nella sua complessità: il costo per ottenere le materie prime, in questi casi latte e grano, non è compensato dal prezzo che sono disposti a pagare gli industriali della trasformazione che acquistano da paesi dove le stesse materie vengono ottenute a costi inferiori e dunque pagate un prezzo inferiore.

Pastori ed agricoltori non otterranno facilmente ciò che chiedono, anzi probabilmente non lo otterranno assolutamente. Al limite il governo stanzierà qualcosa per compensare, ma il problema di fondo resterà ed esploderà alla prima occasione.

La questione è sempre la stessa: non si può più tollerare che la cosiddetta “libera iniziativa” sia libertà di sfasciare le nostre vite, le nostre famiglie.
Abbiamo bisogno di un economia coordinata, l’unica libera iniziativa accettabile è quella che porta progresso e non miseria.

Accanto alle imprese private abbiamo bisogno di stabilimenti che producano i beni necessari alla popolazione, stabilimenti che producano solo per questo scopo, che siano di proprietà pubblica e che la produzione, e il lavoro, siano difesi dall’arrivo di materie prime a prezzi stracciati, adottando anche lo scambio con paesi terzi (materia prima in cambio di tecnologia, prodotti finiti). Le imprese private devono fiorire all’interno di un quadro fatto di responsabilità collettiva.

Questo è l’unico scenario che ci può portare fuori dalla crisi. Ma per realizzarlo c’è bisogno di un immensa forza popolare che rivoluzioni tutto il sistema nel quale stiamo affogando.

27/02/2019

 

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