Stante il fatto, direi incontestabile, che l'elettorato di sinistra è generalmente ipercritico e tendenzialmente pedagogico, eccessivamente problematico, e, almeno sotto il profilo politico, sempre insoddisfatto, lamentoso, tormentato per non dire infelice (oltre alle caratteristiche evidenziate da Mauro Romanelli – vedi post di ieri di M.G. Nicolini) varrebbe la pena di riflettere sui profondi motivi di ciò. La seguente interpretazione mi è stata ispirata da un recente convegno di studi politico-filosofici, che mi ha dato occasione di rinfrescare i miei ricordi in materia:

Il noto assioma di Hegel “Tutto ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale” riassume quello che costituisce uno dei capisaldi del sistema del filosofo tedesco, cioè l'identità tra ragione e realtà.
La Ragione (il razionale) è reale in quanto si attua nella realtà in forme concrete; essa non rimane un concetto astratto, ideale, ma è riscontrabile nel mondo concreto poiché ogni fatto che si realizza ed ogni situazione che si verifica ha la ragione del suo verificarsi.
D'altra parte tutto ciò che esiste (il reale) è manifestazione concreta della ragione; nella realtà, infatti, non c'è posto per qualcosa che non sia pensiero, poiché ogni evento segue, magari inconsapevolmente, una certa struttura razionale. Non esiste contrasto e nemmeno differenza tra la ragione e la realtà: ciò che accade è giusto, è logico e naturale che accada (:questo ragionamento conduce a un giustificazionismo totale).
Da qui, in Hegel; l'identità tra essere e dover essere, diversamente dalla soluzione kantiana.
Come si sa l'impostazione morale Kantiana si fonda sull'imperativo categorico, ovvero su quella legge di tipo formale che indica il modo in cui dobbiamo agire.
Tale impostazione è quindi basata sulla contraddizione tra essere e dover essere in quanto ognuno di noi nell'agire deve conformarsi alla massima universale e, ad esempio, considerare l'altrui persona sempre come un fine e mai come mezzo; questo rende difficile, vista la tensione tra impulsi, sentimenti e legge del dovere, se non impossibile realizzare la felicità.

Da queste premesse può emergere un criterio distintivo tra destra e sinistra. La prima rappresenta gli interessi concreti di un blocco sociale caratterizzato dall'individualismo egoista, che non ha altra finalità che il conseguimento della propria utilità. La seconda tende a perseguire il bene comune , la giustizia e l'uguaglianza. La destra tiene conto della realtà effettuale (natura umana, struttura sociale, condizioni economiche e culturali, rapporti di forza tra i gruppi) in cui deve muoversi e basa, semplicisticamente, le proprie politiche solo su questa senza alcuna velleità di cambiarla per migliorarla. I suoi esponenti sono sicuri di sé, non usano un linguaggio “alato”, comunicano concetti semplici e utilizzano slogan chiari e comprensibili. La sinistra persegue lo scopo di modificare la realtà (purtroppo perdendola molto spesso di vista), di trasformarla secondo valori morali universali (il “dover essere kantiano”), altruistici, che però, alla prova pratica, non si sostanziano in programmi univoci (frammentarietà e divisioni). Inoltre dato che possono implicare il sacrificio di interessi individuali, sono difficili da spiegare e diffondere tra la popolazione per ottenerne la convinta adesione e per guadagnare un consenso maggioritario.

You have no rights to post comments

Powered by OrdaSoft!