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"L'antifascismo che non muore.
Intervista a Vittorio Foa" di Isabella Insovibile "
 
A me è capitato, una volta, di partecipare ad una trasmissione televisiva insieme ad un senatore fascista [Giorgio Pisanò] che faceva dei grandi discorsi di pacificazione: <<In fondo eravamo tutti patrioti... Ognuno di noi aveva la patria nel suo cuore...>>, etc. etc. Io lo interruppi dicendo: <<Un momento. Se si parla di morti, va bene. I morti sono morti: rispettiamoli tutti. Ma se si parla di quando erano vivi, erano diversi. Se aveste vinto voi, io sarei ancora in prigione. Siccome abbiamo vinto noi, tu sei senatore>> Questa è una differenza capitale."
"Io penso che la Resistenza abbia reso un grande servizio alla Repubblica, senz'altro. Io sono felice di esserci stato. Però, poi, pensandoci bene, penso che molta gente sia stata tagliata fuori, nella memoria. E questo è ingiusto. Non è giusto che dalla memoria sia tagliata fuori la gente. La memoria della gente che soffre, la memoria delle sofferenze - come, anche, la memoria della gente che combatte - è tutta memoria che va rispettata. Come rispetto la memoria del partigiano che sa gettare le bombe o sa combattere devo anche rispettare il contadino che si nasconde e cerca in qualche modo di sopravvivere alle bombe e alle violenze dei nazisti. E' la stessa cosa. Se dovessi dare dei consigli, io direi: sì, difendete gli alti valori della Resistenza, però sappiate anche difendere i valori di chi ha vissuto altre esperienze. Penso agli internati, ad esempio."
"Quando eravamo in prigione eravamo i soli uomini veramente liberi perchè avevamo scelto la via giusta e quindi ci sentivamo liberi. Il significato della parola libertà diventa evidente: la libertà non è la possibilità di fare quello che vuoi ma è la coerenza con qualcosa dentro. Noi ci sentivamo coerenti con qualcosa dentro, e consideravamo valore positivo il fatto di essere arrestati, condannati, per molti anni prigionieri."
"Bisogna combattere, eccome. Io, personalmente, i mezzi per combattere non li ho. Penso che questo sia uno dei problemi che si pone alle nuove generazioni. Essere antifascisti oggi potrebbe essere questo [...] pensare alle ingiustizie in modo diverso, in modo più <<grande>>. Ingiustizia non è solo star male, ma vuol dire non riuscire ad uscire, mai, da una condizione di inferiorità".
"La cosa che dovrà fare, col suo mestiere, è questa: ricordare perchè della gente ha pagato con la vita la propria, e la nostra, libertà".
 
(L'intervista integrale è pubblicata in "Meridione. Sud e Nord nel Mondo", anno IX, num.1, gennaio-marzo 2009
 
Ringrazio il fraterno amico Sebastiano Santalucia per avermi fornito il testo

 

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